Pupazzi e attrice ventriloqua:
Ava Loiacono
Testo e regia:
Mauro Guindani
Pupazzi:
Rossana Paganoni (Kasper) e di Alejandro Corràl (Moira e Dick) La maschera è opera di Mauro Graf
Musiche:
Musica da circo
Durata:
60 minuti
Età:
dai 9 ai 99
Sul filo del post-pirandellismo
Il pensiero di Pirandello è stato determinante fin dall’inizio nella ricerca del funambolo di questi primi dieci anni di attività della compagnia.
Fin dal primo numero dei Quaderni di ricerca per Voci d’altre terre, il saggio di Luigi Russo Pensare l’io: l’identità della persona in Luigi Pirandello, tratto dagli Atti del XXIII Convegno Internazionale di Agrigento del 1989 e riportato integralmente lì, poneva le basi di un filo di ricerca tanto a livello teorico quanto sul piano scenico, che ha continuato nei lavori seguenti con L’arte della fuga (vedi Quaderno No 3) e I viaggi di Gwendolyn.
La scelta conseguente dello stile, il teatro di figura con la presenza in scena della burattinaia come personaggio principale e di tutta una serie di personaggi incarnati da grandi pupazzi resi vivi tramite il gesto scenico e il ventriloquismo, non è stata un caso, ma il modo mirato più diretto ed eloquente di affrontare il tema della maschera e dell’identità della persona che sta alle radici del pensiero pirandelliano.
Da quella data fatidica del 9 maggio 1921, quando al Teatro Valle di Roma andò in scena per la prima volta Sei personaggi in cerca d’autore causando uno scandalo senza precedenti nella storia del teatro (con notevoli conseguenze anche per il pensiero filosofico post-hegeliano rimesso completamente in causa) , il teatro contemporaneo fu costretto a cambiare radicalmente rotta. Era crollata la “quarta parete”, bastione inespugnabile del teatro borghese fino ai primi decenni del 900, e da quel momento il teatro come finzione non sarebbe più stato possibile.
Il teatro ha continuato ad esistere anche nel post-pirandellismo, ma senza questa rottura radicale né il teatro di Brecht, ne’ quello di Beckett e di Ionesco, per non parlare delle ricerche del teatro di regia a partire dagli anni 70 e fino ad oggi, sarebbero pensabili.
Con questa nuova produzione, Lo specchio, divisa in due parti ben distinte ma strettamente collegate fra loro, il funambolo si propone di affrontare il tema del rapporto fra persona e personaggio di petto, direttamente e senza altri preamboli. Il personaggio centrale, la Burattinaia, riflettendo sul proprio agire, vien messo con le spalle al muro dai personaggi a cui lei stessa dà vita. Nella prima parte perde la battaglia su tutta la linea, nella seconda trova, alla fine, un compromesso che rende la convivenza possibile.
Lo stesso Pirandello già nel 1904 (e dunque ben prima di affrontare l’avventura teatrale), col romanzo chiave Il fu Mattia Pascal, proponeva quella soluzione di compromesso, che quattro anni dopo rielaborerà nel saggio sull’Umorismo: il compromesso dell’ironia
Nonostante questo compromesso, la visione pirandelliana della vita resta fondamentalmente tragica.
L’uomo, costretto ad indossare maschere per poter esistere è fondamentalmente solo, incapace di comunicare al di là della maschera, alla perenne ricerca di un’identità che gli sfugge. In questo senso Pirandello è il pensatore ante litteram del XXI. secolo , e lo sottolinea bene Luigi Russo, a conclusione del suo straordinario saggio:
Sull’abissalità di questa intuizione pirandelliana è andata evolvendosi la contemporaneità. Cos’è infatti un personaggio senza autore se non l’uomo postmoderno? Un uomo che continua a vivere dopo la “morte di Dio”, che sopravvive al naufragio dell’Essere e al crollo della metafisica? Che ha imparato duramente la lezione del tempo, del proprio tempo, e senza illusione si immerge nei ruoli e nei casi che gli assegna la sua vicenda mondana?
Il burattinaio allo specchio
È nel teatro che Pirandello sviluppa in modo concreto e inequivocabile queste sue teorie.
Ma è un attore il burattinaio?
Sì e no. È “attore” in quanto agisce interpretando un ruolo (spesso più di uno) che proietta sul pupazzo o sui pupazzi che muove. Ma sta di solito nascosto dietro la tenda e il pubblico non vede che i pupazzi.
Nel teatro di figura in cui il burattinaio è visibile sulla scena insieme ai suoi pupazzi, invece, il burattinaio parla con loro in quanto burattinaio. È sempre ancora attore o è se stesso, che si sdoppia o si moltiplica nei personaggi dei pupazzi?
Per Pirandello comunque è il Personaggio che vive sulla scena, non l’attore che lo incarna o il burattinaio che lo muove e gli da voce. Per quanto si identifichino con esso, l’attore e neppure il burattinaio saranno mai il Personaggio, bensì soltanto il mezzo per farlo vivere.
Cosa rimane allora dell’essere umano “attore”?
Niente, perché l’essere umano, nel Teatro dello Specchio, non è che la somma di tante maschere dietro le quali non c’è nulla.
È Nessuno perché al contempo Uno e Centomila.
La trama : c’era una volta …
Kasper, il burattino più conosciuto nei paesi di lingua tedesca, altrettanto popolare quanto Arlecchino o Pulcinella in Italia, è il personaggio col quale la Burattinaia si confronta durante il primo atto. Chi dipende da chi? Chi muove le fila? Chi detiene il potere? La tradizione che sta alle spalle di Kasper è talmente forte, talmente ancorata, che la Burattinaia non può che piegarsi al suo volere, alle sue insulse storie che si ripetono tali e quali volta per volta. Il personaggio, imposto dalla tradizione del teatro di burattini, vince qui su tutta la linea e la persona si accorge di non poter esistere senza questa maschera; dietro la maschera c’è, appunto, il nulla.
Nel secondo atto, Il bambino diviso, la Burattinaia tenta di riabilitare in qualche modo la dignità del proprio mestiere. Le cose si fanno più complesse perché i personaggi – oltre ad essere due, un bambino e una bambina, tenuti rinchiusi ognuno nella propria scatola – non provengono da una tradizione imposta dall’esterno ma sono l’incarnazione delle fantasie dalla Burattinaia stessa, frutto dei suoi dubbi, delle sue ansie, dei suoi rimorsi. Estremamente diversi fra loro, entrambi i personaggi fanno pressione, ognuno a modo suo, per uscire sulla scena, l’unico luogo in cui possono vivere, come i sei pirandelliani, la propria vita. Presa fra due fuochi, uno a destra e l’altra a sinistra, la Burattinaia dapprima esita, si ribella, ne fa uscire uno alla volta, ma alla fine si risolve a metterli a confronto: dopotutto ne ha due di braccia, perché non usarle tutte e due?
In tre sulla scena il gioco si fa più stringente. C’è una storia da raccontare, una storia che affonda le sue radici in un passato remoto della Burattinaia stessa , ma ognuno dei tre ne conosce solo la propria versione . Come fare a trovarne una fine plausibile? Ed esiste poi questa fine? O la storia non può che ripetersi all’infinito, ricominciando ad ogni replica?
Il teatro non dà risposte; pone solo domande.