Pupazzi e attrice ventriloqua:
Ava Loiacono
Testo e regia:
Mauro Guindani
Pupazzi:
Alejandro Corral e compagnia Il Funambolo
Musiche:
J. S. Bach, Bellini, Bizet, Verdi, Tchaikovsky
Durata:
60 minuti
Età:
dai 9 ai 99
Lilo è una papera inquieta, alla ricerca della sua identità.
Le papere non vivono soltanto a Paperopoli; le troviamo ormai dappertutto, come i cinesi, i turchi o gli americani, e sono arrivate anche da noi.
Ci sono, in sostanza, da sempre, e a volte si confondono con le oche, ma questo è un errore e fa parte di un altro discorso.
Il nostro paese, alla lunga, può sembrare ristretto e noioso; anche le papere hanno il diritto di evadere dal quotidiano, e persino le oche, se non vogliono diventar pecore.
Evadere significa cercare un altro luogo per poter essere altro; per esempio un canarino, e i canarini si sa, stanno alle Canarie.
Fedele alla sua linea di ricerca sul teatro, anche questa nuova tappa del cammino del Funambolo si serve dell’illusione e del suo smascheramento per mezzo del gioco dell’attore per porsi e porre domande sulla nostra realtà quotidiana.
Il tema di base questa volta è la fuga: quel movimento affannoso alla ricerca di chissà cosa che ognuno di noi una volta o l’altra nella sua vita prova, per magari perdersi e ritrovarsi. Come per i pezzi precedenti i mezzi sono ancora una volta i pupazzi e il ventriloquismo, ma questa volta sarà la musica a fare da filo conduttore, perché la “fuga” è anche una forma musicale molto rigorosa che attraverso i meandri del “ricercare” esplora tutte le possibilità di variazioni intorno ad un solo tema, per poi ritornarvi, forzatamente.
Sulla falsariga del capolavoro di Bach, “L’arte della fuga” è un gioco di mani che suonano e parlano, si mascherano e si smascherano; un gioco fra la destra e la sinistra, fra il razionale e l’irrazionale, per ritrovare il centro, in equilibrio sul filo.
L’arte della fuga: alla ricerca di un equilibrio sulle note di Bach
Forse in ognuno di noi c’è qualcuno che non sa più bene chi sia né quale sia il suo posto nel mondo. Sbatte, protesta, si arrabbia, rompe le scatole, corre a destra e a manca, fa di tutto per farsi sentire, per far credere almeno agli altri che esiste.
E fugge. Fugge, diciamo, verso sinistra. Non in banale senso politico, ma semplicemente in quella parte del corpo retta, si sa, dall’emisfero destro del cervello: quella dell’immaginario.
Fugge dunque alla ricerca di paesi meravigliosi, dietro conigli bianchi frettolosi che appaiono e scompaiono come per incanto, cercando per le vie più complesse di trovare, punto contro punto, una ragione: quella che sta invece dalla parte opposta, la parte destra, retta, si sa, dall’emisfero sinistro del cervello.
Ma fugge sempre su un solo tema, quella domanda inquietante che sta alla base di ogni ricerca, di ogni movimento: ma io chi sono?
E così correndo a destra e a manca si spacca e si perde del tutto.
Resta, sulla via del ritorno, la domanda di partenza, che non sta né a destra né a sinistra, ma al centro.
Appena rientrato dall’India dove ha riscosso un grande successo di pubblico e critica, torna in Italia questo bellissimo spettacolo che ha incantato giovani e adulti di tutto il mondo.
Tradotto in 4 lingue l’Artedella Fuga sta attraversando vari continenti.